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Eventi post-operatori nell’embolizzazione delle arterie prostatiche

Questo articolo continua dal precedente “complicazioni intraoperatorie“. Oggi ci concentriamo sulle complicazioni post-operatorie nell’embolizzazione delle arterie prostatiche: Disuria (9%), Infezione urinaria (7,6%), Ematuria macroscopica (5,6%), Ematospermia (0,5%), Sanguinamento rettale(2,5%), Ritenzione urinaria acuta (1%).

Il processo infiammatorio che si mette in movimento dopo l’embolizzazione è il responsabile della maggiore parte dei sintomi; le strutture viscerali profonde sono sensibili alla infiammazione e rispondono con un dolore profondo, per attivazione delle fibre sensitive viscerali, diffuso, non localizzato, percepito molte volte come un bruciore.

Un antidolorifico, più o meno blando, sarà in grado di controllare questo fenomeno.

Dopo l’embolizzazione, il flusso urinario cresce, per distruzione delle fibre nervose, decremento delle cellule muscolari lisce.
In un primo momento, l’edema dell’infiammazione e la distruzione cellulare possono essere così intensi da dare luogo ad una sensazione dolorosa durante la minzione, per ulteriore ingrossamento della prostata, fino al blocco completo.
Basterà posizionare il catetere vescicale per 24-48 ore, in aggiunta ad un antinfiammatorio, per circoscrivere il processo.

Nel caso in cui il blocco urinario si dovesse presentare in un momento più avanzato, dopo qualche mese, allora occorre escludere un nuovo incremento volumetrico della ghiandola, o al presentarsi di un evento infiammatorio.
Riportato nel 10% dei casi, può essere risolto con l’impianto temporaneo del catetere vescicale e con una nuova embolizzazione.

Sindrome da post-embolizzazione

Possono coesistere sensazione di nausea, vomito, febbricola e aggravamento dei sintomi per l’intensa infiammazione; non sono complicazioni, ma gradazioni differenti della sindrome da post-embolizzazione.
Un evento atteso, connesso al tipo d’intervento.

Non è prevedibile il tipo di gravità, differente da paziente a paziente, ma recede autonomamente nell’arco di una settimana, o anche prima se si somministrano degli anti-infiammatori non steroidei.

Prostata e uretra

La vicinanza anatomica tra prostata e uretra, mette quest’ultima in condizione di risentire maggiormente degli effetti dell’embolizzazione, fornendo anche la spiegazione di alcuni sintomi. Il restringimento del suo calibro, per al maggiore compressione della prostata infiammata, sono alla base della disuria.
L’impiego di particelle embolizzanti molto piccole spiega il maggiore effetto ischemico a questo livello, che può essere evitato con le particelle di calibro superiore ai 150micron. Sebbene il danno alle pareti dell’uretra sia da evitare, una sua stenosi non è stata riportata in letteratura, anche dopo l’impiego di particelle da 50 micron.

L’apporto ematico alla prostata deriva non solo dall’arteria vescicale inferiore, ma anche dalla glutea inferiore, dall’arteria rettale media e dalla pudenda interna. L’arteria rettale superiore da rami alla prostata nel 32% dei casi.

Tutta queste rete regionale di rami protegge il paziente dagli effetti ischemici; ma lo mette a rischio di embolizzazioni in sedi non desiderate. Questa è secondaria ad una non corretta interpretazione dei rami arteriosi che riforniscono la prostata, alle varianti anatomiche che possono essere incontrate, alla presenza di anastomosi ad elevato flusso, alla posizione non ottimale della punta del catetere o all’impiego di un agente embolico inappropriato.
Normalmente, occorre iniettare il materiale embolico e il mezzo di contrasto molto lentamente, per evitare spasmi e reflussi; uno spasmo può essere risolto con un vasodilatatore, ma questi può aprire anastomosi prima non evidenti.

Il cateterismo superselettivo e l’impiego di una macchina angiografica con le ricostruzioni multiplanari consentono di migliorare l’efficacia e la sicurezza dell’intervento, durante la fase di studio, identificando sedi di potenziale via di fuga dell’embolizzante. Anche in caso di visualizzazione di anastomosi, l’embolizzazione può essere effettuata, ma con una iniezione molto lenta o con l’impiego di palloncini o microspirali che indirizzino il flusso arterioso solo verso una direzione.

Prostata e vescica

Per la vicinanza anatomica e per la comune fonte di irrorazione, la vescica è a rischio di ischemia; piccole aree d’ischemia possono essere riscontrate ai controlli RM, ma di solito sono asintomatiche, per cui non necessitano di trattamento. L’eliminazione di coaguli o di frammenti di parete di vescica possono richiamare l’attenzione del paziente, specie se si verifica un’ostruzione; si può associare un dolore addominale profondo e poco localizzato.
La cistoscopia è in grado di documentare la presenza di queste lesioni, ripulirle e trattarle localmente. Il ricorso alla chirurgia è estremamente raro: presuppone un’ischemia a tutto spessore della vescica, con dolore molto più grave e non controllabile con i comuni antidolorifici, associato ad ematuria grossolana.

Prostata e retto

Anche il retto ha un’irrorazione strettamente collegata con quella della prostata: i rami rettali superiori, inferiori e medi costituiscono una fitta rete che connettono la mesenterica inferiore, le arterie iliache interne e l’arteria pudenda interna. Se costituiscono una valida protezione contro l’ischemia, dall’altro possono fornire una spiegazione per un’embolizzazione in sede non desiderata.
La nascita dell’arteria prostatica dall’arteria pudenda è la condizione maggiormente a rischio nel determinare una proctite ischemica, perché i rami rettali medi possono originare da tale sede, o in associazione con i rami prostatici in un unico tronco. Il dolore addominale è riferito posteriormente, si associa diarrea, con emissione di coaguli di sangue, fino a casi di fistole e ascessi; casi lievi, possono risolversi nell’arco di una settimana.

Casi più gravi possono richiedere una colonscopia; questa può essere compresa nei trials di studi clinici, tesi a confermare la sicurezza dell’intervento. In letteratura non sono riportati casi di resezione chirurgica per tale motivo.

Prostata e pene

Anche il pene è un’area a rischio nell’embolizzazione prostatica: l’arteria dorsale del pene è un ramo terminale. Il reflusso di materiale embolico in tale sede può comportare una ischemia. Grazie al compenso controlaterale, il reflusso in una sola arteria è difficile che possa comportare una disfunzione erettile.
Ma la procedura è bilaterale, oppure il paziente può presentare alterazioni arteriosclerotiche gravi. Un’eco-color-Doppler è utile per dimostrare la pervietà dei vasi.

La sintomatologia ischemica si manifesta con dolore localizzato, eritema, disfunzione sessuale; la presenza di necrosi dello scroto deve fare sospettare un reflusso nell’arteria iliaca esterna o nell’arteria pudenda. La terapia si basa su antidolorifici, antiinfiammatori, vasodilatatori, per aumentare il flusso nei rami collaterali. In letteratura non sono riportati casi di disfunzione erettile, ma pazienti con necrosi cutanea del glande.

Le vescicole seminali

Anche le vescicole seminali sono a rischio di ischemia; molto più spesso la causa è l’intensa infiammazione che avvolge la prostata, non tanto l’embolizzazione in sede non desiderata. Si manifesta con un dolore addominale basso, profondo, perineale, con una eiaculazione dolorosa, fino all’ematospermia.
Molto spesso sono di riscontro occasionale durante l’effettuazione del controllo di risonanza magnetica, per cui il trattamento non è consigliato se asintomatiche.

L’ematospermia si risolve nell’arco di 5-10 eiaculazioni, i sintomi sono controllabili con comuni antiinfiammatori e antidolorifici. Chiaramente, più è periferico il cateterismo selettivo, più è lenta l’iniezione del materiale embolico, più si riesce a limitare l’embolizzazioni in sedi non desiderate.

L’embolizzazione non voluta all’interno dell’arteria otturatoria comporta una ischemia a livello pubico; anche in questo caso, il riscontro è occasionale, ai controlli di risonanza. La sintomatologia è rara e per lo più controllabile in un arco temporale limitato.

Dermatite da raggi

Una dermatite indotta dai raggi è rara: presuppone una intensa e prolungata esposizione ai raggi X. E’ vero che l’embolizzazione delle arterie prostatiche è un intervento complesso, che richiede tempo e ripetuti controlli arteriografici, specie in pazienti anziani, con lesioni arteriosclerotiche, o con varianti anatomiche. Il tempo medio riportato in letteratura è di 158’, con un tempo di fluoroscopia di 55’. Nessun caso di dermatite è riportato in letteratura.
Chiaramente, un preliminare studio dettagliato della vascolarizzazione, l’impiego di angiografi a basso dosaggio, la fluoroscopia pulsata, la collimazione delle immagini riduce l’esposizione radiologica.

Chi siamo

Siamo specialisti in radiologia interventistica, settore medico che utilizza strumentazioni radiologiche per eseguire interventivi mininvasivi alternativi alle corrispettive operazioni chirurgiche.
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