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Spondilodiscite tubercolare

Introduzione

La tubercolosi, nonostante l’impiego sistematico di una terapia mirata e i controlli seriati di laboratorio, continua ad essere una importante causa di morbilità e mortalità e a colpire oltre 30 milioni d’individui nel mondo, specie nelle nazioni in via di sviluppo, caratterizzate da scarse condizioni igieniche. Pur essendo più rara nelle nazioni occidentali, grazie a politiche di prevenzione e cura, attuate in passato, recentemente, l’abuso di alcool e droga, l’aumento dei casi di HIV a AIDS e le notevoli ondate migratorie dal terzo mondo, hanno fatto registrare un aumento del numero di casi annui anche nelle nazioni più progredite.

La diagnosi clinica degli ascessi non è agevole: i sintomi sono subdoli, ad esordio ritardato rispetto all’insorgenza della malattia: ciò per la lenta evoluzione della tubercolosi; molto spesso a richiamare l’attenzione possono essere un dolore lombare inspiegabile o la comparsa di disturbi motori degli arti inferiori.

Attualmente si fa sempre più ricorso al drenaggio percutaneo per la risoluzione delle raccolte fluide.

La gestione percutanea delle complicanze

Gli ascessi dei muscoli psoas rappresentano la complicanza più frequente della malattia tubercolare con localizzazione ossea, trattabili efficacemente con il drenaggio percutaneo, capace di risolvere subito la sintomatologia dolorosa. Il catetere di drenaggio necessita di un’assistenza giornaliera, per poter decidere il momento più idoneo alla sua rimozione, senza andare incontro a recidive.

La nostra esperienza

Tra gennaio 1997 e dicembre 2005, 23 pazienti (14 uomini e 9 donne), di età compresa tra i 21 ed i 48 anni, precedentemente studiati con TC e/o RM, sono stati sottoposti a drenaggio percutaneo di una raccolta fluida, di origine tubercolare, localizzata nei muscoli psoas.

La procedura di drenaggio percutaneo, previo consenso informato, è stata eseguita con la tecnica di Seldinger. Con il paziente in posizione prona, dopo aver disinfettato l’area cutanea d’interesse ed aver effettuato l’anestesia locale, è stata effettuata una piccola incisione cutanea con una punta di bisturi.
L’aspirazione del materiale fluido, con una siringa “luer lock” da 10 ml, è stata effettuata per confermare le sede dell’ago e per orientare la scelta del successivo catetere di drenaggio, sulla base della consistenza del materiale caseoso. Dopo una preventiva dilatazione con un dilatatore fasciale, è stato definitivamente posizionato il catetere di drenaggio. Il posizionamento del catetere di drenaggio è avvenuto con successo in tutti i casi, indipendentemente dalla tecnica di assistenza radiologica impiegata.
Tutto il materiale purulento è stato aspirato; parte è stato inviato per le ricerche batteriologiche.

Il drenaggio è risultato curativo nel 100% dei casi. Abbiamo registrato la dislocazione del catetere di drenaggio in 2 casi, per eccessiva trazione dello stesso, durante le fasi della medicazione. In nessuno dei pazienti, compresi quelli con recidiva polmonare, si è dovuto ricorrere a drenaggio chirurgico per inefficacia dell’atto interventistico, per cui il drenaggio è risultato curativo nel 100% dei casi.

Il periodo di drenaggio è stato 5–36 giorni (media 18,4 giorni), con un sensibile miglioramento della sintomatologia già nelle prime fasi di posizionamento del catetere ed è proseguito nei giorni successivi.

Alleghiamo qui la pubblicazione scientifica “La gestione percutanea delle complicanze della spondilodiscite tubercolare: risultati nel breve-medio periodo”: La gestione percutanea delle complicanze della spondilodiscite tubercolare: risultati nel breve-medio periodo