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Aggiornamento n.5 in campo epatologico: HCC

Ultimo articolo di aggiornamento per la serie dedicata all’HCC (epatocarcinoma). Segue da Aggiornamento n.4: patologia HCC epatocarcinoma.

I quadri multinodulari sono il pane del downstaging, che, ancora oggi, non ha una evidenza specifica, nonostante l’ampia pratica reale; occorrerebbe valutare l’aggressività tumorale per capire se deve fare o meno il downstaging (B1 e 2 sono candidati, mentre B3 e 4 non sono trattabili). Il quandro multinodulare è candidato al trapianto; la risposta alla terapia può essere un determinante per la biologia del tumore, valutata non solo sul dato TC, ma anche sulla risposta dell’alfa-feto (valori <400 sono associati ad un minore numero di recidive). Inoltre l’ingresso del criterio di urgenza, del gruppo sanguigno, dell’età del paziente aumenta la complessità delle decisioni.

La rete nazionale

Una rete nazionale è un buon metodo per avere più relazioni e avere più opzioni terapeutiche: occorre trasparenza nelle liste, stabilire il limite di età, segnalare la prevalenza delle recidive, stabilire un protocollo di downstaging e una lista di comorbilità, in grado di determinare una priorità. [Cillo Am J Transplant 2015]

Il downstaging garantisce il passaggio del paziente da fuori a dentro i criteri di trapiantabilità; non ha una grande evidenza a supporto della sua validità, ma è utile per non fare rimuovere i pazienti dalla lista. Cerca di ottenere plurimi obiettivi: evitare il drop out e fare perdere al paziente la chance trapiantologica, cercare di evitare le recidive post-trapianto, diventa anche una strategia selettiva dei pazienti: sulla base della selezione dei pazienti, migliorano i risultati. Dipende da dove vogliamo arrivare: l’end point ottimale resta fare rientrare i pazienti nei rigidi criteri di Milano (continuano a garantire la migliore percentuale di sopravvivenza a 5 anni), dal momento che si è visto che se i criteri diventano più rilassati si cade nella problematica della biologia molecolare.
Entrano in ballo condizioni morfologiche (valutazione centimetrica delle lesioni) e condizioni biologiche (entriamo in una scala di micron, di grading del tumore, della presenza di un recettore, della presenza o meno di una invasione vascolare). La risposta al downstaging risente meglio sulla base della dimensione del tumore e della migliore biologia: la presenza di un’alfa-fetoproteina elevata indica una biologia sfavorevole, la PET potrebbe surrogare la valutazione indiretta della biologia? Assume una validità solo per la dimostrazione dell’invasione vascolare.

CEAT e TACE

La massima risposta alla CEAT la si ha dopo il primo ciclo; poi decresce, quasi a dimostrare una selezione della biologia tumorale; la percentuale di sopravvivenza è nettamente maggiore dopo la prima CEAT, di quanto non sia in quelle successive: l’ipossia post-TACE comporta un cambiamento nel fenotipo epatocitario, specie se non è stata completa; lo stesso dicasi con la termoablazione nel caso di un trattamento subletale; la recidiva intrasegmentale dopo RF è la dimostrazione della massiva aggressività all’epatocita.
Il tempo di osservazione dopo una terapia di downstaging non può essere molto lungo, pena la perdita dei pazienti, ma neanche troppo breve: l’ideale è 3 mesi.

Tra la diagnosi e la decisione di effettuare il trapianto un breve periodo di valutazione e osservazione dopo il downstaging possono comportare i risultati peggiori; lo stesso, un periodo molto più lungo di osservazione e di valutazione determinano una perdita di pazienti.

Riassumendo

Trattare localmente, senza perdere di vista la malattia sistemica.

I criteri di milano sono quelli che continuano a garantire le migliori percentuali di sopravvivenza

L’efficacia della prima linea di terapia è cruciale per la validità del downstaging, per cui va meditata, tenendo conto non solo del dato morfologico.

La TACE è usata non solo nell’HCC intermedio, ma anche in altri stadi. Occorre quindi affinare la ricerca di una ottimizzazione della tecnica, anche per diminuire il rischio di complicazioni.

Il gruppo di pazienti compreso tra A e B7 è quello che risente meglio della terapia, anche per evitare un peggioramento della funzionalità del fegato. Il diametro della lesione fino a 5 cm è il criterio morfologico migliore per garantirsi i migliori risultati (più cresce tale limite e minore sarà la risposta di efficacia della terapia – oltre tale limite, non solo la risposta radiologica è inferiore, ma la recidiva locale sarà maggiore). Anche un numero di 3 lesioni è il massimo trattabile con successo; oltre aumenta la percentuale di fallimento e diminuisce l’efficacia e l’efficienza della TACE.

Si è visto che i pazienti nel gruppo B1 hanno risposto migliori a quelli presenti nel gruppo B2; nulla ancora si può dire sui trattamenti combinati, che potrebbero incidere sulla percentuale di sopravvivenza.

I messaggi che arrivano dagli studi di confronto sono abbastanza semplici:

  • non c’è superiorità di un chemioterapico su un altro;
  • la doxorubicina non è il massimo, anche se continua ad essere una delle più impiegate;
  • l’unione di più farmaci, in CEAT ripetute, possono dare un danno vascolare alle arterie epatiche;
  • l’embolizzazione può essere sufficiente;
  • continuiamo a non sapere a che cosa serve il Lipiodol

Embolizzazione

Negli anni ’90, la mortalità per TACE era del 2,4%; da allora, continua la ricerca per una minore invasività. Una di queste opzioni è stata la scoperta di particelle embolizzanti, a rilascio di farmaco, che dovrebbero dare meno danni al fegato, meno impatto sulle complicazioni, anche se continuano ad essere tanti i problemi non risolti: uno fra tutti, è che gli studi randomizzati ci dicono che i risultati sulla sopravvivenza dei pazienti trattati con particelle precaricate sono identici a quelli trattati con particelle non caricate e che non esiste nessun vantaggio globale rispetto alle non caricate; lo studio precision five ha dimostrato che non ci sono differenze di risposta radiologica e di sopravvivenza, ma solo un migliore impatto sui pazienti più fragili, con minore ospedalizazzione e minori effetti collaterali. Questo confermerebbe che è l’effetto ischemico a determinare l’efficacia.

Ora, si vorrebbe imporre una valutazione non solo in termini di sopravvivenza, ma in termini di costi-efficacia: le particelle diminuiscono gli effetti collaterali e la ospedalizzazione, per cui diminuiscono i costi globali (mi pare un’affermazione un po’ troppo generica).
Adesso, la strada dell’industria va verso le particelle più piccole, verso un catetere con palloncino distale (diminuisce il lavaggio di farmaco e del lipiodol da parte del flusso arterioso, per cui garantirebbe una migliore risposta – distribuito dalla Terumo), oppure le particelle bio-degradabili (emivita di 20-30’ – aumentano il chemioterapico in loco, non darebbero la sindrome post-embolica e lo stimolo ipossico alla produzione di quei fattori che stimolano la neoangiogenesi – danno un controllo del 78% del tumore), le particelle radiopache (la visibilità delle particelle consentirebbe di visualizazre dove si concentrano, per capire il contributo dell’ischemia, rispetto alla chemioterapia).

La TACE deve essere effettuata con cadenza regolare o a domanda?

Tutto orienterebbe verso la seconda soluzione: minore numero di cicli = minori danno alle arterie, minori complicazioni delle procedure; solo in lesioni bilobari può essere indicata l’effettuazione della ripetizione (prima TACE a destra, perché il lobo è maggiore, la seconda a sinistra), oppure in lesioni molto grandi (il livello di IGV circolante potrebbe essere sinonimo di ripresa/recidiva di malattia? – potrebbe indurre a ripetere CEAT o a somministrare Sorafenib? – non è praticabile).

  • La TACE + il sorafenib ? = non ha senso;
  • la TACE + trattamenti sistemici ? aumentiamo solo la tossicità globale.
  • Quando fermarsi con la terapia ? quando la CEAT non ha dato risultati efficaci dopo due trattamenti (nessuno ha parlato di vascolarizzazione collaterale arteriosa), quando peggiora lo stato funzionale del paziente, sia per la progressione della malattia, sia per opera della CEAT.
  • Il numero massimo di CEAT che si può fare è 2 per il trattamento di una lesione.