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Embolizzazione arterie prostatiche: aspetti tecnici

L’intervento di embolizzazione delle arterie prostatiche è uno dei più complessi nell’ambito della radiologia interventistica.

Le arterie prostatiche presentano una discreta variabilità anatomica e hanno strette connessioni con gli organi adiacenti (retto, pene, vescica), per cui è possibile causare effetti collaterali non desiderati, anche importanti.

E’ obbligatorio conoscere molto bene l’anatomia vascolare

Le arterie prostatiche sono molto piccole e tortuose, per cui occorre impiegare cateteri molto piccoli e con tecnologia avanzata, apparecchi radiologici molto sofisticati, oltre ad avere operatori con esperienza per effettuare questo intervento.

I risultati migliori si ottengono con l’embolizzazione bilaterale, che può risultare complessa, se non impossibile, nei soggetti con arteriosclerosi più marcata.

Effetti collaterali dell’embolizzazione arterie prostatiche

Gli effetti collaterali gravi riportati in letteratura sono molto rari; effetti collaterali minori sono più frequenti: disuria, ematospermia, diarrea.

Gli effetti di una embolizzazione arterie prostatiche non desiderata sono potenzialmente maggiori se si utilizzano particelle embolizzanti definitive di piccolo calibro. Queste penetrano in estrema periferia e comportano l’occlusione di vasi molto piccoli, tanto da determinare una necrosi.

Sono state impiegate particelle comprese tra 50 e 500 micron; sebbene ci sia un teorico vantaggio nell’utilizzare particelle di piccolo calibro, perché vanno più in profondità, comportando una difficile rivascolarizzazione tramite vasi collaterali, e quindi una possibile ripresa della crescita della prostata, i migliori risultati, in termini di riduzione volumetrica della ghiandola e di complicazioni sembrano essere legati all’utilizzo di particelle di 100 e 200 micron.

In particolare, il miglioramento clinico sembra più legato all’impiego di particelle di calibro maggiore, mentre la riduzione volumetrica sembra più dipendere dalle particelle di calibro inferiore.

Continua con i vantaggi della radiologia interventistica nell’iperplasia prostatica benigna