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Altri trattamenti chirurgici del varicocele

Terapia laparoscopica

Nata con l’intento di offrire una soluzione chirurgica meno invasiva e meno traumatica, per favorire una più celere guarigione della ferita chirurgica e una ripresa funzionale, ripropone le tecniche di Ivanisevich e di Palomo, senza il taglio chirurgico, ma con tre fori di accesso:

  • uno in sede ombelicale per inserire l’ottica
  • due a livello pubico, per poter operare a livello del funicolo spermatico nei pressi dell’anello inguinale interno.
Tecnica laparoscopica

Tecnica laparoscopica

Eventuali controindicazioni all’effettuazione di questa soluzione terapeutica sono la presenza di pregressi interventi addominale, dove è presumibile l’esistenza di cicatrici e aderenze, che possono ostacolare la progressione del gas e la preparazione di un adeguato campo di visione. Altra controindicazione è rappresentata dai pazienti obesi e in presenza di insufficienza respiratoria.

I risultati non sono dissimili rispetto alle altre soluzioni terapeutiche, percutanee o chirurgiche, in termini di efficacia, degenza, ripresa funzionale. Hanno costi superiori e necessitano di una curva di apprendimento.

Legatura microchirurgica

Legatura microchirurgica

Legatura microchirurgica

Introdotta da Ishigami. Infiltrazione di 3-5cc di anestetico locale nella cute al di sopra dell’anello inguinale esterno – incisione cutanea, coagulazione vene collaterali dell’epigastrica superficiale e raggiungimento del funicolo spermatico – apertura dei margini dell’incisione, per lavorare meglio – visione ingrandita del funicolo + iniezione di xilocaina per aumentare il calibro dell’arteria e risparmiarla; isolamento dei vasi linfatici; incisione e legatura delle vene.

Tecniche di ishigami e fox

Tecniche di ishigami e fox

Tecnica belgrano

Tecnica belgrano

I tempi operatori, la complessità dell’atto e la presenza di recidive nell’ordine del 3% ne hanno progressivamente consigliato l’abbandono.

Scelta del trattamento

E’ sicuramente molto condizionata dall’esperienza dell’operatore e dalla struttura in cui il paziente è visitato, prima che dalle condizioni fisiopatologiche che ne sono alla base.

Negli anni ’80, l’introduzione dello studio flebografico nell’iter diagnostico, l’unico in grado di documentare direttamente la presenza e l’entità del reflusso, ha consentito di classificare morfologicamente la malattia.

A seconda della provenienza del reflusso, Coolsaet propose una divisione del varicocele in tipi.

  1. I tipo: il reflusso proviene esclusivamente dalla vena renale, per un fenomeno di schiaccianoci  (nutcraker) alto;
  2. II tipo: il reflusso è iliaco-spermatico (nutcraker basso);
  3. III tipo : è un reflusso misto.

La classificazione aveva l’intento non solo di definire le caratteristiche fisiopatologiche della malattia, ma anche d’indicare il tipo di terapia.

  • Nel I tipo era consigliata la legatura alta;
  • nel II tipo era consigliata la legatura bassa
  • nel III tipo era indicata l’insieme delle due metodiche

Successive integrazioni sono state proposte da Barhen (che ricalcava la precedente aggiungendo la variante della presenza di rami collaterali) e da Braedel (che introduceva il concetto di rifornimento aberrante della vena spermatica interna, ad opera di vene anomale, che s’inserivano nel ramo principale molto più caudalmente del suo naturale sbocco in vena renale sinistra).

La successiva scoperta che era possibile iniettare una sostanza sclerosante per trattare definitivamente la vena spermatica interna incontinente, ha creato le premesse per cui la flebografia potesse accoppiare il momento diagnostico a quello interventistico. In questo modo la scleroembolizzazione ha riscosso notevole consenso tra i vari operatori, fino al punto da soppiantare la scelta chirurgica in taluni centri, privilegiando ampiamente la soluzione percutanea nella terapia del varicocele, visto che nella stragrande maggioranza dei casi la causa del varicocele è il reflusso reno-spermatico.

Naturalmente, il presupposto è la possibilità d’incannulare la vena spermatica interna; in caso d’insuccesso, è possibile ricorrere alla sclerosi anterograda o, in ultima analisi, all’approccio chirurgico retroperitoneale.

Nei rarissimi casi non sostenuti da reflusso reno-spermatico, o complicati dalla presenza di collaterali sottoinguinali, a partenza dalla vena spermatica esterna, è bene ricorrere alla tecnica chirurgica sottoinguinale.

L’avvento dell’ecografia ha sostituito il ruolo diagnostico della flebografia.